La lavorazione al lume del vetro veneziano è una delle tecniche più usate al momento per la creazione di gioielli in vetro, pendenti e perle preziose, ma anche per la realizzazione di piccole figurine di animali.
  • A tu per tu con fuoco e vetro: un rapporto solitario plurisecolare

La lavorazione a lume può essere considerata, rispetto a quella che avviene in fornace, l’altro grande ramo delle tecniche muranesi legate al vetro. Risulta un’operazione per lo più solitaria, durante la quale l’artigiano o l’artista si trova a tu per tu con la materia vitrea alla quale è idealmente e praticamente collegato attraverso la fiamma della torcia – anche detta cannello – che sta utilizzando.

È un metodo di lavoro di antichissima origine, andato evolvendosi di secolo in secolo, di decennio in decennio, sostenuto anche dai ritrovati tecnologici via via elaborati nel tempo. Il nome stesso ne rivela gli albori: a sprigionare il calore necessario a fondere il vetro era la fiamma di una lampada a lume alimentata dall’aria veicolata da un mantice azionato con il piede. Negli anni questa semplice strumentazione è stata sostituita da un cannello metallico collegato ad una bombola di gas propano o metano, ormai nella maggior parte dei casi ulteriormente rinforzato da emissioni di ossigeno per incrementare la temperatura del fascio infuocato da dirigere sul vetro.

Lavorazione a lume del vetro di murano

  • Vetro Murano e Borosilicato: l’unico limite è la creatività dell’artista

I due principali filoni della tecnica a lume si strutturano su due differenti tipologie di vetro: il vetro borosilicato, materiale più duro e resistente che richiede maggior calore per essere lavorato, e il vetro murano, composto sodico-calcico più duttile, di più lunga tradizione e assai più diffuso nei laboratori dell’isola.

Tanto la lavorazione dell’uno quanto quella dell’altro materiale prevede la realizzazione di oggetti attraverso lo sviluppo di corpi pieni o di corpi soffiati. Per quanto riguarda la creazione di opere piene il panorama degli articoli che è possibile estrarre dalla massa vitrea è vastissimo, e si pone come limite principale l’esclusiva vena creativa dell’artista: dalle classiche perle che possono diventare pendenti o strutturarsi in collane a forme che ritraggono piante e animali, dai gatti ai cavalli, dagli elefanti ai coleottori, dai pesci alle papere, in un turbinio di fantasia che non può che incantare l’occhio dell’osservatore e stimolarne la curiosità.

 

  • La pratica del lume: tra lavorazione e strumenti i 4 punti fondamentali

  1. Il punto di partenza è quasi in ogni caso la sfera. Per ottenerla l’artigiano o l’artista scalda la bacchetta di vetro (un semilavorato che viene venduto in tre sfumature differenti, trasparente, pastello e opalino, per una gamma di varianti cromatiche pressoché illimitata) sotto la fiamma, ruotando il polso avanti e indietro di modo che l’estremità si arrotondi fino a diventare una palla incandescente.

  2. A quel punto, a seconda di cosa è il caso di produrre, possono essere utilizzati vari strumenti e movimenti specifici per modellare la materia fino a farle assumere la sembianza desiderata. Si può strusciare la sfera sul “bronzin” (la piastra piatta di metallo posta al di sopra del cannello) con calmi gesti rotatori, in modo da conferire alla massa fusa un aspetto più cilindrico (operazione chiamata “marmorizar”) o ancora premerla sulla stessa superficie ma in modo diverso, con un’inclinazione maggiore verso l’estremità, così da esercitare la forza necessaria a far emergere una punta (in gergo “pontizar”).

  3. Per agevolare la presa sulla sfera incandescente in molti casi viene utilizzata una seconda bacchetta generalmente più fina, detta “pontèo”: una volta fatta aderire alla sfera grazie al calore della fiamma si mantiene la sua temperatura leggermente inferiore rispetto a quella del vetro fuso che andrà a costituire l’opera, in modo tale da poter utilizzare il “ponteo” come bacchetta operativa di lavoro senza che vada a mescolarsi con la massa calda in fase di definizione.

  4. Gli altri strumenti immancabili nell’arsenale del lavoratore a lume sono senza dubbio la pinza, indispensabile per allungare la palla incandescente e farle assumere le forme desiderate; la forbice; il tagliante, una sorta di taglia sigari che, anzi, in alcuni casi viene sostituito effettivamente da questo specifico oggetto; il coltello, utile nel premere sul vetro per creare affossamenti e sottili concavità; e la molletta, un utensile in ferro o acciaio impiegato per avere una presa salda sull’opera e al contempo raffreddarla leggermente, grazie ad un tessuto in fibra di vetro che consente di non far entrare in contatto diretto il vetro incandescente con il metallo evitando così shock termici che potrebbero compromettere la solidità del pezzo.

Lavorazione con tecnica a lume di murano

  • Una costellazione di laboratori sparsi per la città: l’incanto del lume

Ecco quindi i pochi, semplici strumenti e i consolidati, brevi passaggi tecnici con cui i maestri lumisti muranesi riescono da secoli a far emergere dalla massa calda di vetro Murano le più varie e fantasiose forme che la loro ispirazione creativa riesce a concepire. Una vera e propria magia tramandata di generazione in generazione, reinventata ogni giorno quando il singolo artigiano o artista si siede dietro il cannello e lascia libero sfogo alla propria immaginazione. Un incanto unico che assume tutta la sua piena valenza nei laboratori sparsi per le calli e le fondamente dell’isola del vetro.

 

 Ecco come realizziamo le palline di natale in vetro di Murano con la tecnica della lavorazione a lume:

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