I lampadario in vetro di Murano, detto anche lampadario veneziano, è un oggetto per l'illuminazione di lusso, presente nelle più rinomate ville e palazzi, hotel, alberghi e negozi lussuosi, nelle più belle dimore e case esclusive.

Se per un qualche tipo di quesito giocoso o domanda fantasiosa si dovesse indicare quell’elemento dell’arte vetraria muranese che, da solo, riuscisse con maggiore evidenza degli altri a rappresentare tutte le diverse qualità di queste maestranze di nobile tradizione, ecco, probabilmente la prima e più logica risposta sarebbeil lampadario

Multiforme, complesso, ricco, il lampadario veneziano può assumere sembianze di ogni sorta, dalle più maestose esplosioni floreali alle più delicate leggerezze astratte, dal rigoglio cromatico dell’arcobaleno fino alle più tenui note di un design minimale, regalando però sempre all’osservatore l’incanto di una tecnica di lavorazione del vetro ormai plurisecolare.

Raccontiamo il lampadario… dai suoi albori

Il lampadario come oggetto d’arredamento assolve sin dal passato più remoto la funzione pratica di illumare gli ambienti e quella estetica di impreziosire l’aspetto della sala in cui è posto. Nell’antichità romana e poi cristiana era rintracciabile soprattutto in tre varianti, distinte sotto il profilo tecnico dell’alimentazione della fiamma. Lo scorrere dei secoli, il perfezionamento della lavorazione dei materiali e la sperimentazione creativa porteranno le strutture luminarie ad intrecciarsi al vetro di Murano già nel XIV secolo, come dimostra il riferimento all’interno di un documento padovano del 1374 al cesendello, un tipo di lampada allungata molto di moda nel tardo medioevo e nei periodi successivi.

Giuseppe Briati e il lampadario settecentesco

Con l’arrivo del lampadario muranese vero e proprio, però, si ha il reale salto di qualità, sicuramente per quanto riguarda ricchezza dell’offerta estetica e complessità della realizzazione. Nobile padre e maestro indiscusso di questo fondamentale pezzo di tradizione vetraria è senza dubbio Giuseppe Briati, l’uomo che fu capace, da inizio ‘700 in avanti, di risollevare il prestigio dell’arte muranese schiacciata sul calare del XVII dalla concorrenza del cristallo di Boemia e di quello inglese.

A lui si deve, tra i molti contributi innovativi all’arte e all’artigianato di Murano, anche la creazione di un particolare cristallo vicino per brillantezza a quello boemo ma più di quest’ultimo adatto alla lavorazione a caldo e, conseguentemente, la strutturazione di una serie di lampadari che potevano contare sulla possibilità di avere grandi dimensioni e sperimentazioni estetiche e formali prima non immaginabili.

Un classico intramontabile: il lampadario Rezzonico

Principe del settore luminario settecentesco può essere considerato il lampadario Rezzonico, disegnato e realizzato per la prima volta nel ‘700 appositamente per la nobile famiglia omonima, residente nel suntuoso palazzo Ca’ Rezzonico affacciato sul Canal Grande, oggi sede del Museo del Settecento Veneziano. L’orizzonte del suo potenziale è vastissimo: si può trovare a 5, 6, 8, 9, 10, 21, 36 luci o in altro numero ancora, fino persino ai 60 lumi del grande lampadario del Museo del Vetro di Murano, 398cm di altezza, 226cm di massimo diametro e 330kg di peso.

Le combinazioni cromatiche sono pressoché illimitate, e lo stile più classico prevede forme articolate di stampo floreale, con rami, fronde, foglie e fiori ad intrecciarsi in magnifiche volute, un insieme armonico in cui sopra la struttura in metallo possono essere posizionate svariate centinaia di compenenti in vetro soffiate e lavorate a mano. Altra soluzione estetica di tradizione settecentesca abbraccia il gusto orientale tramite l’introduzione di motivi che ricordano la forma della pagoda, come ad esempio la cosiddetta ciocca alla chinese.

Gli elementi tipici del Rezzonico, quantificabili in oltre cinquecento pezzi realizzati artigianalmente, sono collocati sulla struttura metallica, fino a inglobarla, secondo un procedimento che prende il nome di investitura

Viene chiamata tazza o coppa quella sezione concava, posta nell’ansa inferiore dei bracci, che un tempo serviva per raccogliere la cera delle candele e che oramai, con l’utilizzo delle lampadine elettriche, ha come scopo primario quello di curare le tonalità di rifrazione della luce. Elementi verticali solitamente in stile floreale donominati  racchiudono la parte centrale del Rezzonico, definita cesta o gabbia, cuore del lampadario all’interno del quale si possono rintracciare ulteriori motivi floreali chiamati a volte.

Con il termine cornucopia si indica proprio il pezzo in vetro che va a rivestire l’ansa del braccio. Solitamente molto elaborata, conferisce al Rezzonico grande valore e apre l’opera, tramite la reciea, ovvero il ricciolo di collegamento, all’uso dei pendenti, ornamenti appunto appesi alle estremità inferiori dei bracci.

Per concludere la panoramica tecnica del Rezzonico è infine doveroso menzionare in primo luogo la bossola, ovvero l’elemento base del lampadario, sorta di cilindro di vetro che viene fatto scivolare attorno al metallo della struttura secondo il processo di investitura, e in secondo luogo il cimiero, fiera copertura sommitale del corpo centrale, solitamente assai ricca e sfarzosa.