I calici muranesi sono realizzati con le stesse tecniche da secoli, vengono tramandate da padre in figlio. Il calice bicchiere detto tipetto con i decori sul gambo, è un oggetto di abbellimento per la casa.


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Estetica e funzionalità si fondono in un unico prodotto, rigorosamente realizzato a mano dai Maestri muranesi, così come creatività e perizia si uniscono minuto dopo minuto nelle prestigiose fornaci dell’isola, mentre la materia vitrea viene a poco a poco trasformata in uno degli articoli più rinomati della tradizione lagunare.

Stiamo parlando del tipetto veneziano che, a ben vedere, è qualcosa di più di un semplice calice. Con una fortuna plurisecolare, e un processo produttivo immutato nelle sue fasi essenziali nonostante le migliorie della moderna tecnologia, è un frammento di storia che può conferire ad una tavola imbandita quel valore aggiunto che solo l’arte riesce a infondere.

Un’eleganza… regale

Calici meravigliosi con lo stelo che svela orgoglioso fogge dal fascino senza tempo, spesso rimandanti alla flora e alla fauna, dai più classici con il delfino in balzo o con foglie intrecciate a quelli più minimalisti, con elegante sfera avvolta da una leggera ghirlanda, fino ai più complessi e sfarzosi, con volute e archetti o volatili rampanti quasi rimandanti all’araldica, o ancora, con inserti vitrei capaci di rievocare diademi e corone.

Note preziose che, nel lungo cammino della storia, hanno effettivamente risuonato anche durante i lauti pasti nelle più importanti corti europee e ancor più remote. Come dimostra in particolar modo la fortuna cinquecentesca del “tipetto”, in considerevole parte dovuta a Caterina De Medici, moglie del re di Francia Enrico II di Valois dal 1547 al 1559, reggente essa stessa dal 1560 al 1563, chiamata “regina madre” per aver dato i natali a ben tre successivi sovrani d’oltralpe, Francesco II, Carlo IX ed Enrico III. Donna colta e raffinata, ebbe cura di introdurre nella terra d’adozione pietanze e vini della già sofisticata cucina italica, così come proprio gli eleganti calici di Murano per le libagioni, da quel momento in poi elementi imprescindibili nei più importanti pranzi e cene di corte su scala internazionale.

Ma come viene realizzato un tipetto di Murano?

  • 1) Generalmente tutto comincia dal disegno d’ispirazione del Maestro. Elemento che dall'immaginario dell'artista, ridiscende sotto forma di schizzo in pennarello su un foglio, o ancor più suggestivamente, in gesso su uno sgabello o una tavola in metallo.

 

  • 2) Il Maestro preleva la giusta quantità di vetro fuso, raccogliendola intorno all’estremità di una canna metallica cava mediante un movimento rotatorio (processo simile a quello di un bastoncino con lo zucchero filato), e soffia all’estremità opposta in modo da ricavarne una piccola sfera malleabile.

 

  • 3) Con rapidi tocchi di pinza modella abilmente questo primo agglomerato vitreo e, coadiuvato da un giovane collega (in dialetto servente o serventìn, appunto ad indicarne la qualifica di aiutante o apprendista) avente il compito di fornirgli altre piccole quantità di vetro fuso per il mezzo di un’altra canna, crea alcune decorazioni in rilievo attorno alla sfera incandescente.

 

  • 4) Il servente si avvicina al Maestro tenendo davanti a sé la propria canna metallica con del vetro fuso alla sommità, e il Maestro, utilizzando una pinza per guidare meglio l’aiutante, collega la materia offertagli alla sfera, opportunamente riscaldata per essere ricettiva. Ecco che, per qualche istante, la sfera in fase di lavorazione è collegata a due canne metalliche contemporaneamente.

 

  • 5) Il Maestro stacca dunque la propria canna dalla massa vitrea per il mezzo di un colpetto dopo aver segnato ed inciso l'attaccatura, afferra quella dell’apprendista e, con un’ampia pinza in metallo, apre letteralmente la sfera allargando il foro lasciato nel punto in cui la propria canna s’univa alla materia in lavorazione. Grazie al tocco di mani sapienti ecco dunque venire a crearsi il bevante del tipetto.

 

  • 6) Maestro e servente agiscono a questo punto in attenta sinergia per la realizzazione dello stelo. Lavorando con pinze e taglianti (forbici di dimensioni variabili utilizzate per dividire la materia vitrea incandescente) preparano gli ornamenti che verranno integrati nello stelo (ad esempio foglie ricurve o fiori) e, una volta pronta la sottile struttura portante, uniscono i primi a quest’ultima.

 

  • 7) Manca solo il piede del tipetto, la base d’appoggio del calice. Il terzo e ultimo componente si ottiene poggiando una certa quantità di materia vitrea sull’estremità libera dello stelo mentre l’altra è ancora fissata alla canna metallica; dopo aver portato quest’aggiunta di vetro incandescente alla forma sferica tramite il movimento di rotazione della canna vengono nuovamente utilizzate delle pinze e, similmente alla procedura adottata per il bevante, la sfera viene rapidamente aperta fino ad ottenere una figura rassomigliante ad un tronco di cono scavato.

 

  • 8) Al blocco piede-stelo così formato viene infine aggiunto il bevante precedentemente realizzato ed ecco che, tramite la magica danza a tre di mente, occhio e mano, il Maestro estrae dalla materia informe un tipetto muranese perfettamente compiuto. Un modello dell’arte vetraria, questo, in cui ogni pezzo creato riesce a reinventare in maniera assolutamente unica un fascino che perdura immutato da ormai diversi secoli.



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